L’Aloe Vera

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Era un martedì grigio, tornavo dal lavoro, e la signora del bar mi diede il buongiorno mentre mi passava il solito (brioche, e cappuccino). Aprii il portone di casa, salii le scale ed entrai. Stavo per fare il primo passo ed ecco che sentii i versi dei gatti, quel verso grrrr, tipo un ruggito ma più soffiato, tipo un vampiro che vede una croce, non so se ha un nome quel verso felino, ma lo fanno i gatti come verso intimidatorio e intimidito nello stesso tempo. Aprii di corsa la porta e notai un qualcosa di assurdo. L’aloe vera che stava nel vaso su un tavolino basso vicino la finestra sembrava aver preso vita. Non che la pianta fosse qualcosa di morto, ma quell’aloe aveva preso vita vera, le foglie grasse e succose si dibattevano come tentacoli e avevano sbattuto e malmenato tutto ciò che le circondava nel raggio di un metro. Ma che dico, due tre metri almeno, si allungavano e si ritraevano, uno spettacolo assurdo, terrificante. Tv caduta col vetro spaccato in un angolo, quel marchingegno fatto per farsi graffiare dai gatti spezzato e ribaltato, probabilmente anche i gatti buttati in aria con tre quattro vite in meno. La situazione era ingestibile. Provai a intimare alla pianta di fermarsi, ma bastò veramente poco per capire che non era la soluzione giusta; non si riesce a fermare con le parole un ubriaco, figuriamoci una pianta che sperimenta la vita per la prima volta. Corsi in cucina ed afferrai la lama più grossa e tagliente e decisi di affrontare l’aloe, ma con astuzia. Mi studiai la distanza, i movimenti dei tentacoli, la capacità di allungamento del singolo e aspettavo il momento giusto per colpire. Era un lavoro lungo e pericoloso, ma giurai a me stesso che l’avrei spuntata, anzi che l’avrei potata quella dannata pianta.
Così mi avvicinai lentamente attendendo il momento propizio e tirai il mio primo fendente. “Perfetto”, pensai tra me e me, la pianta mostruosa non sviluppò nessuna resistenza, la consistenza rimase la stessa. Ciò che vidi due secondi dopo mi fece ingoiare ogni emozione gloriosa appena accennata tra le mie sinapsi. Dalla ferita della foglia tentacolo uscì quella sostanza collosa e benefica tipica dell’aloe, ma dalla ferita si svilupparono anche, con una velocità a dir poco incredibile, altre due foglie, altri due tentacoli che cominciarono a muoversi convulsamente. Sono queste le proprietà lenitive dell’aloe vera? E’ quindi questo il potere che rende questa pianta così speciale? Non mi arresi, tagliai un altro tentacolo e poi con un altro colpo altri due, ci stavo prendendo la mano, stavo diventando forte, ma come prima, dal pezzo tranciato crebbero nuovi tentacoli vorticanti. La stanza sembrava farsi sempre più piccola dinanzi all’espansione di quell’aloe, persino i gatti rimasero in un angolo della stanza su una piccola radio d’epoca col pelo irto.
Ma ecco che la cultura classica sembrò aver senso una volta nella vita. Pensai ad Ercole che sconfisse l’Idra cauterizzando col fuoco le ferite da taglio inflitte al mostro . Mi feci coraggio, invocai lo spirito erculeo e mi diressi a prendere l’accendigas in cucina. Capii che era una sciocchezza colossale, Ercole non si scomodò nemmeno a salutarmi. Non venendomi in mente nessun’altra idea geniale, decisi di fare la cosa più umana da fare, pentendomi per non averla fatta dall’inizio: scappare… magari chiedere aiuto dopo. Ma la pianta, quasi come se m’avesse letto nel pensiero, poggiò le sue foglie sul pavimento e si alzò con tutto il vaso. Il terrore ebbe la meglio ed urlai come un matto, mentre la pianta iniziò a utilizzare i tentacoli come arti e spostarsi, prima camminando nella mia direzione, poi iniziando a corrermi dietro. Mi tuffai selvaggiamente per le scale urlando e scappando disperato; l’aloe mi correva dietro. I gatti fuggirono con me per le scale, Catullo (un gatto) mi stava avanti, così diedi un calcio a Romeo (un altro gatto) che mi stava dietro urlando in lacrime “prendi lui, prendi lui” …
D’improvviso sento una sensazione a me familiare. Quella pesantezza alle gambe che ti impedisce i movimenti, una sensazione di goffaggine che ha dell’irreale. Stringo i pugni e afferro un lato del piumone. Mi alzo di corpo sudato, il cuore a mille, il cuscino fradicio.
Quel martedì grigio, quell’aloe mostruosa, era stato tutto un brutto sogno, soltanto un sogno. Eppure avrei giurato che non potesse mai essere un sogno quell’Aloe; ero convintissimo fosse Vera. 

“Che assurdità!” penso tra me e me stropicciandomi gli occhi. Avrei dovuto capire subito che si trattava di un maledetto sogno. 

Avrei dovuto capirlo dall’inizio che non era Vera quella che lavorava al bar, ma Anna, la ragazza che ha lasciato il bar cinque anni fa e che adoravo, a darmi quel cornetto.